Tredicino

C’era una volta un pover’uomo.

Aveva tredici figli, e non sapeva come fare per sfamarli.

Un giorno chiamò i suoi figli e disse: “Andiamo da qualche parte in campagna, a vedere se riusciamo a trovare qualcosa che possiamo mangiare o qualcuno che ci possa dare un po; di pane.”

A un certo punto si ritrovarono in un campo coltivato, dove videro un posto con una corte, nel quale andarono dentro.

Là c’era una donna, e Tredicino le chiese se aveva qualcosa da dargli, perché aveva tredici figli.

Lei gli rispose: “Pover’uomo, mi dispiace, ma non posso darvi nulla, e anzi dovete subito nascondervi, perché se tornasse a casa mio marito, che è il mago, ci metterebbe poco a mangiare i vostri figli. Per questo bisogna che prima di tutto nasconda voi in cantina e dia a lui da mangiare. Poi glielo dirò, e più tardi vi farò tornare su e darò da mangiare anche ai vostri figli.”

Ed ecco che il mago torna a casa.

Torna a casa e dice:

“Ucci ucci, sento odor di cristianuccio:
o ce n’è o ce n’è stato
o ce n’è di rimpiattato!”

“Vieni a tavola a mangiare, perché qui non c’è nessuno da mangiare!”

Quando vide che aveva ben mangiato e ben bevuto, la moglie gli disse: “Eh sì, caro il mio marito, ho nascosto in cantina un pover’uomo con tredici figlioli. Vedi, anche noi abbiamo dei figli, e non ti pare che sarebbe giusto da parte nostra dar da mangiare a quei poveri bambini?”

E poi la moglie del mago li fece salire, ed ebbero da mangiare in abbondanza.

Il mago disse: “Bene, moglie, ora mettili tutti a dormire e poi metti in capo ai nostri figli un berretto bianco, ai suoi una cuffia rossa.”

E poi andarono tutti a dormire, ma Tredicino aspettò che si addormentassero tutti i suoi figli, e muovendosi piano piano, senza far rumore, andò a togliere la cuffia rossa ai suoi figli e la mise sulla testa dei figli del mago; mentre i berretti bianchi che indossavano i figli del mago li mise in testa ai suoi.

Al mattino il mago si sveglia, si alza, va dove dormono tutti i bambini, acchiappa quelli con la cuffia rossa, li ammazza tutti, e poi se ne va.

A quel punto Tredicino, che stava ben in guardia, perché lui aveva immaginato che ci fosse sotto qualcosa, che il mago lo avrebbe tradito, fece alzare i suoi bambini, li fece vestire, e via! scappò insieme a loro.

Quando la moglie del mago andò a svegliare i suoi figli, scoprì che erano stati tutti ammazzati.

Torna a casa il mago, e gli dice: “Cosa hai fatto! Hai ucciso tutti i nostri bambini!”

Allora il mago disse: “Ah! Brigante di un Tredicino! ha capito che volevo ammazzargli i figli! lui ha scambiato i cappelli e io ho ammazzato i miei!”

E intanto Tredicino andava, e non sapeva come trovare di che vivere con tutti questi figli.

Una volta un servitore del Re sentì la storia di quel che era successo a Tredicino, e volle andare a raccontarlo al Re, per vedere se poteva dargli qualcosa, pover’uomo, visto che non ce la faceva a mantenere i suoi bambini.

Il re gli disse: “Senti, digli così: se è capace di andare a rubare il pappagallo del mago, gli darò molti soldi.”

E allora Tredicino disse: “Ma come devo fare io? basta, proverò ad andarci quando è fuori casa, e forse, con sua moglie da sola, riuscirò a rubare il pappagallo.”

E così andò, quando la donna era sola.

Tredicino avea già preso il pappagallo e stava per andare via, quando arrivò il mago.

Gli disse: “Ah, guarda chi si rivede! me l’ha già fatta una volta, e ora sei qui per rifarmela!”

Lo legò, e poi disse a sua moglie: “Stà attenta, che ora devo andare a prendere l’acqua ragia per dargli fuoco. Tu intanto prendi questo bel pezzo di legno e fallo a pezzi. Così, quando torno a casa, lo metto sul focolare con la legna che hai preparato e lo brucio.”

Questa povera donna faceva di tutto per spezzare questo legno, ma lei non ce la faceva, perché era durissimo.

Allora Tredicino le disse: “Povera donna, slegami per un momento, così te lo spezzo io e sei a posto! dopo mi rileghi, e così quando tuo marito torna trova la legna bella e tagliata.”

Lei lo slegò, e lui, appena slegato, corse a prendere il pappagallo e via! Scappò di gran carriera.

Tornò a casa il mago per dargli fuoco, e non trovò più né Tredicino né il pappagallo.

Allora si mise a picchiare la moglie, perché l’aveva slegato e l’aveva lasciato scappare, e fece una baraonda del diavolo.

Intanto Tredicino era andato dal re a portargli il suo pappagallo.

Ma il re gli disse: “Ora tu devi farmi un’altra cosa. Voglio che tu vada a rubargli la coperta che ha sul letto, che è tutta piena di campanelli.”

“Ma, caro re, come ho da fare io, a rubare una coperta tutta piena di campanelli?”

“Fà come ti pare, ma vedi di andarmela a prendere”.

Tredicino andò.

Quando arrivò alla casa del mago, sua moglie era di sotto a fare le faccende, e lui entrò piano piano portando con sé tanta bambagia, con la quale uno ad uno riempì tutti i campanelli, in modo che non suonassero, e poi andò a nascondersi.

A sera, il mago andò a letto, Tredicino aspettò che si fosse addormentato profondamente, e poi cominciò un pochino per volta a tirare la coperta verso di sé.

Il mago si svegliò e disse: “Chi è stato? sento che qualcuno mi tira giù la coperta!”

Allora Tredicino fece: “Miao, miao!” come se fosse un gatto.

L’orco riprese sonno, e quando si fu riaddormentato profondamente Tredicino riuscì a tirargliela giù tutta.

E poi via! scappò di gran carriera con la sua coperta.

Il mago, la mattina dopo, cercava la coperta ma non la trovava, non riusciva a vederla da nessuna parte: “Ah, quel brigante di Tredicino, me l’ha fatta per la terza volta! Se l’avessi tra le mani! Se un giorno mi capita fra le mani lo ammazzo all’istante, perché me ne ha fatte troppe.”

Intanto Tredicino era andato dal Re.

Il Re gli disse: “Bravo, sei proprio bravo, ci sei riuscito. Ora ti do una somma abbastanza grande per campare con tutti i tuoi figli. Se poi riuscissi a fare un’altra cosa per me, diventerresti un gran signore. Obbediscimi un’altra e vivrai da ricco: voglio che tu mi porti qua il mago in persona, vivo e vegeto.”

“Questa volta non so proprio come fare! Il mago ormai mi ammazza appena mi vede! Basta: farò di tutto pur di accontentare vostra maestà anche questa volta.”

Dopo aver passato qualche giorno a studiare il piano, vestito tutto diverso dal solito, con la barba finta, torna dal mago.

Dice a sua moglie: “Ehi, voi! non è che vostro marito è in casa?”

“Sì sì, è in casa, vado subito a chiamarlo.”

Appena vede l’orco, Tredicino gli dice: “Son venuto qua da voi perché ho bisogno di un piacere. Dovete sapere che ho ammazzato uno chiamato Tredicino, e devo fargli la cassa da morto, ma mi mancano le assi di legno. Son venuto qui a vedere se avete qualche asse da darmi.”

Il mago dice: “Bravo, hai fatto proprio bene ad ammazzarlo: ti do subito le assi. Vieni, vieni qui! Voglio aiutarti anch’io a fare la cassa per seppellirci quel birbante. Forza!”

Gli dà delle assi, e Tredicino si mette a costruire la cassa, mentre il mago non si muoveva di lì e lo guardava lavorare.

Quando l’ebbe ben finita, mancando solo di inchiodare il coperchio, disse: “Ora non posso più andare avanti, perché non ho misurato Tredicino e non sono sicuro che la lunghezza della cassa sia proprio giusta. Mi pare che quel Tredicino sia grande come voi: se va bene a voi, va bene anche a lui.”

“Bene, aspetta,” fece l’orco, “ora c’entro io. Guarda, guarda se va bene.”

Il mago non fece tempo ad accomodarsi nella cassa, che Tredicino ci mise il coperchio, e tic tac, lo inchiodò a regola d’arte.

Aveva anche fatto dei buchi nella cassa, perché il mago potesse respirare, dato che doveva consegnarlo vivo al Re.

Per farsi aiutare con la cassa aveva là vicino degli amici, che erano stati là ad aspettare, e poi l’avevano trasportata insieme a lui alla corte del re.

Gliela consegnarono, e il Re fu tutto contento, vedendo che Tredicino era riuscito a portargli il mago vivo.

Gli assegnò una somma così grande, che bastò a Tredicino per vivere nell’abbondanza per tutta la vita insieme ai suoi tredici figli.

- Fiaberella
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