A Nazaret
Un giorno Gesù, appena di cinque anni, sedeva sulla soglia di casa, a Nazaret, intento a formare degli uccellini da un blocco di argilla che gli aveva regalato il vasaio di fronte.
Sui gradini della casa vicina sedeva un bambino di nome Giuda; tutto graffi e lividure e i vestiti a brandelli per le continue risse con altri ragazzi di strada. In quel momento era tranquillo, non tormentava nessuno, né s’accapigliava con i compagni, ma lavorava anche lui a un blocchetto di argilla.
A mano a mano che i due bimbi facevano i loro uccellini li mettevano in cerchio dinanzi a sé.
Giuda, che di tratto in tratto guardava furtivo il compagno per vedere se facesse più uccelli di lui e più belli, gettò un grido di meraviglia quando vide che Gesù tingeva i suoi uccellini con il raggio di sole colto dalle pozze d’acqua.
Anche lui allora immerse la mano nell’acqua luminosa.
Ma il raggio di sole non si lasciò pigliare. Filava via dalle sue mani per quanto egli si affaticasse a muovere lesto le dita tozze per acchiapparlo, e ai suoi uccelli non poté dare neppure un pochino di colore.
“Aspetta, Giuda”, esclamò Gesù “vengo io a colorire i tuoi uccellini”.
“No, non devi toccarli; stanno bene così!”, gridò Giuda; poi, in un impeto d’ira calcò il piede suoi suoi uccelli riducendoli l’uno dopo l’altro in un ammasso di fango.
Quando tutti gli uccelli furono distrutti si avvicinò a Gesù, che stava accarezzando i suoi, sfavillanti come pietre preziose. Giuda li osservò un momento in silenzio, poi alzò il piede e ne pestò uno.
“Giuda, che fai? Non sai che sono vivi e possono cantare?”
Ma Giuda rideva e ne calpestò un altro, poi un altro, un altro ancora.
Gesù si guardò attorno cercando un soccorso.
Giuda era lato, robusto ed egli non aveva la forza di fermarlo.
Guardò la madre; non era lontana, ma prima che fosse venuta Giuda avrebbe distrutto tutti gli uccelli.
Gli si riempirono gli occhi di lacrime.
Quattro erano già ridotti in mota; ne rimanevano tre ancora.
Gesù si struggeva che i suoi uccellini stessero quieti e si lasciassero calpestare senza fuggire alla rovina. Allora batté le mani per destarli e gridò: “Volate! Volate!”
I tre uccelletti cominciarono a muovere le ali, le batterono timorosi, poi presero il volo fino all’orlo del tetto dove si sentirono in salvo.
di S. Lagerlöf
- Fiaberella