Gambara

C’era una volta un re,

che aveva perduto un anello di gran prezzo.

Cerca di qua, cerca di là, non si trova.

Onde mette fuori un bando che se un qualche astrologo gli sa dire dove può essere, avrà una buona ricompensa.

Un povero contadino, chiamato Gàmbara, aveva sentito del bando.

Non sapeva né leggere né scrivere ed era poverissimo, e si mise in capo di voler essere egli l’astrologo che trovasse l’anello del re.

Si mette dunque in cammino e giunge alla città e si presenta al re, al quale dice: “Sappia la maestà vostra che io sono un astrologo, sebbene mi vede in così povero arnese. So d’un vostro anello ch’avete perduto, e io m’ingegnerò, studiando, di sapere dove si trova.”

“Va bene,” disse il re, “e quando l’avrai trovato, che ti dovrò dar io in ricompensa?”

“Questo stia nella vostra discrezione, maestà.”

“Va pure, studia, e vedremo che astrologo sarai.”

Fu condotto in una stanza, nella quale doveva star rinchiuso a studiare.

Nella stanza non c’era che un letto e un tavolo e su questo un gran libraccio, e penna, carta e calamaio.

Gàmbara si mise a sedere al tavolo e non faceva che scartabellare il librone e scarabocchiare la carta, di forma che i servi, che gli portavano là dentro da mangiare, lo avevano in concetto di grand’uomo.

Erano stati essi i ladri dell’anello, e dalle occhiate severe, che il contadino lor dava ogni volta ch’entravano, cominciarono a temere d’essere scoperti.

Le riverenze che gli facevano erano infinite e non aprivano bocca senza chiamarlo: Signor astrologo.

Gàmbara, che, se non era letterato, però, come contadino, era malizioso, subito s’immaginò che i servi dovessero sapere dell’anello, ed ecco come venne a confermare il suo sospetto.

Già da un mese si trovava chiuso nella stanza, scartabellando il suo librone e scarabocchiando, quando venne a trovarlo la moglie.

Egli le disse: “Nasconditi sotto il letto, e quando viene un servo, tu di’: «E uno»; quando ne viene un altro, tu di’: «E due», e cosi via.”

La donna si nasconde.

Vengono i servi col pranzo e, appena entrato il primo, la voce di sotto il letto dice: “E uno”; entra il secondo, e la voce: “E due”; e così di seguito.

I servi rimasero sbigottiti all’udire quella voce, che non sapevano da dove uscisse, e si strinsero l’un l’altro.

Uno disse: “Ormai siamo scoperti; se l’astrologo ci accusa al re come ladri, siamo spacciati.”

“Sapete che dobbiamo fare?” dice un altro.

“Sentiamo.”

“Dobbiam presentarci al signor astrologo, e confessargli apertamente che siamo noi i ladri dell’anello, e pregarlo che non ci tradisca, e gli regaleremo una borsa di danaro. Siete contenti?”

“Contentissimi.” E così di concordia se n’andarono dall’astrologo e, fattogli un inchino maggiore del solito, uno di loro cominciò a dire: “Signor astrologo, voi vi siete ormai accorto che fummo noi i ladri dell’anello. Noi siamo povera gente, e se ne parlate al re, siam perduti. Sicché vi preghiamo di non tradirci e in cambio prendete questa borsa d’oro.”

Gàmbara prese la borsa e poi aggiunse: “Io non vi tradirò, ma voi dovete fare quanto vi dico, se volete salva la vita. Prendete l’anello e fatelo inghiottire a quel tacchino che è laggiù nel cortile, e poi lasciate a me il resto.”

I servi furono contenti di far così, e fatta una grande riverenza se n’andarono.

Il giorno dopo Gàmbara si presenta al re e gli dice: “Sappia la maestà vostra, che io, dopo d’aver sudato più d’un mese, son venuto a sapere dov’è l’anello smarrito.”

“Dov’è dunque?” domanda il re. “Un tacchino se l’è inghiottito.”

“Un tacchino? Bene, vediamo.” Si va per il tacchino, si sventra, e gli si trova nelle viscere l’anello.

Il re, meravigliato, dà una gran borsa di danaro all’astrologo, e lo invita a un pranzo.

Al pranzo c’erano conti, marchesi, principi, baroni, insomma, tutti i grandi del regno.

Fra le altre pietanze fu recato in tavola un piatto di gamberi.

Bisogna che i gamberi allora fossero cosa ben rara, perché solo il re e pochi altri sapevano il loro nome.

Voltosi al contadino, il re gli disse: “Tu, che sei astrologo, dovresti sapermi dire come si chiamano questi che son qui su questo piatto.”

Il povero astrologo era ben impacciato e, quasi parlando a sé, ma in modo che gli altri lo sentirono, brontolò: “Ah! Gàmbara, Gàmbara, dove sei giunto!”

Nessuno sapeva ch’egli aveva nome Gàmbara, e perciò si alzarono tutti e lo acclamarono il più grande astrologo che ci fosse al mondo.

E si fece un gran pasto e un gran pastone.

- Fiaberella
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