Il colombo
Un mercante aveva tre figlie, due delle quali erano brutte ed un’altra era invece bellissima.
Le due figlie brutte per invidia maltrattavano la bella e la confinavano davanti al fuoco chiamandola Cenerentola.
Un giorno il padre, prima di partire per un lungo viaggio chiese alle figlie quali doni volessero.
Le figlie vanitose scelsero vesti e gioie; Cenerentola, invece, disse di volere tre pomi dall’aranceto del re e aggiunse ancora che sarebbe potuto naufragare in mare in caso di dimenticanza.
Le sorelle la rimproverarono aspramente ma il padre che l’amava le fece zittire.
Poi le abbracciò e partì.
Vide genti e terre nuove.
Comprò i doni per le due figlie brutte, ma si dimenticò infine della richiesta di Cenerentola.
Solo mentre la nave era già in mare veleggiando, se ne rammentò, mentre erano a poca distanza dalla riva; cominciò a soffiare un vento impetuoso, che sembrava travolgere la nave.
Il pilota impaurito allora domandò se mai alcuno non avesse adempiuto a qualche voto per il quale pesasse su tutti l’ira del cielo.
E il mercante si ricordò della figlia e dell’imprecazione, e, con l’animo addolorato, si fece trasportare alla riva.
Ed il vento tacque e il mare tornò tranquillo.
Il giardino del re sorgeva presso il mare e i venti ne portavano i profumi degli aranci in fiore.
Una balaustra di ferro lo recingeva ed era sorvegliato dalle guardie.
Il mercante vi giunse, spiò il momento nel quale i soldati stanchi si abbandonavano al sonno, varcò la porta, staccò le arance e si allontanò.
Tornato a casa, dopo il lungo viaggio regalò a ciascuna figlia i doni e raccontò l’avventura.
Cenerentola, intanto, dopo aver ricevuto le arance si era trasformata misteriosamente.
Non trascorreva ad esempio più le lunghe ore al focolare, ma chiusa nelle sue stanze viveva lunga parte della giornata e da quelle lunghe ore di solitudine usciva come trasfigurata.
Certamente si era prodotto un sentimento che aveva accresciute le potenze dell’anima.
Le sorelle la spiavano e cercavano di indovinare il suo segreto, ma lei alle loro domande non rispondeva.
Taceva sempre e serbava chiuso nel suo cuore il sentimento nato in lei e il suo mistero; ella viveva una storia d’amore.
Serrata la porta e aperta la finestra prendeva una di quelle arance e la rotolava per terra; allora per la dischiusa imposta entrava un candido colombo che si tuffava in un bacino d’argento e vi si scuoteva lasciando cadere le penne e si trasformava nel più bello e forte giovane che si potesse immaginare.
Dice la leggenda che era il figlio del re, e che un crudele destino lo costringeva da lungo tempo a vivere da colombo in mezzo all’avito aranceto.
Per mezzo dei pomi rotolati per la stanza, la figlia del mercante lo chiamava ai dolci colloqui d’amore.
Poi, quando il tempo era trascorso, il giovane si rituffava nel bacino e ne usciva trasformato in un colombo e tornava nel giardino.
Avvenne un giorno che le sorelle penetrarono a sua insaputa nella stanza, e, rovistando con curiosità per ogni angolo, trovarono le arance che lasciarono cadere per terra e rotolare.
E videro poco dopo venire un colombo, battere contro i vetri che si confissero nel petto, cadere per terra, e poi lentamente, alzarsi in volo e sparire.
Quando Cenerentola tornò nella sua stanza, indovinò dal disordine che qualcosa di nuovo era accaduto.
Vide le arance per terra avvizzite, le vetrate rotte e le gocce di sangue per terra.
Invano rotolò per terra i pomi e invano attese il sospirato ritorno del principe.
Dopo un lungo pianto si fece coraggio.
Chiese a suo padre la benedizione e partì per la città dove il reuccio malato giaceva.
Lungo il viaggio più volte la notte la sorprese in mezzo ai boschi.
Una volta, mentre si riposava ai piedi di un albero, fra i rami un enorme uccello si posò facendo uno strano rumore e un sinistro stormire di fronde.
Poi un altro uccello si posò sullo stesso ramo, che per il peso si piegò.
E tra i due uccelli (tra la femmina che attendeva e il maschio allora giunto) iniziò uno strano dialogo.
Raccontava il maschio che gli era pervenuta la notizia che il figlio del re giacesse moribondo per una misteriosa malattia sconosciuta, e che nessun medico fosse in grado di curarlo.
L’uccello enorme e variopinto fu pregato dalla femmina di raccontare per filo e per segno tutto quello che sapeva, ed esso narrò la storia delle arance.
E aggiunse spiegando che per guarirlo, c’era bisogno d’un unguento fatto con l’adipe di loro due, bollito poi con le frondi dell’albero dove si erano posati.
L’unguento miracoloso, poi, spalmato sul petto del principe, avrebbe fatto saltare via le schegge di vetro e l’ammalato sarebbe risanato in un momento.
Si fece tardi e i due uccelli s’addormentarono.
Cenerentola, che da sotto aveva udito tutto, con decisione, catturò gli uccelli mentre dormivano, li uccise, fece bollire il loro adipe e ne fece l’unguento.
Dopo aver messo a punto la medicina miracolosa, riprese il cammino verso la capitale e una volta giunta al palazzo del re, si fece annunziare come medico venuto da lontano per guarire il principe.
Chiese quindi di restare sola con l’infermo e cominciò a ungerlo.
E come l’ebbe unto i vetri volarono via ed il giovane risorse da quel torpore mortale nel quale giaceva.
E grande gioia provò quando vide che colei che l’aveva salvato era la sua amata.
Dopo un mese un cardinale congiunse in un nodo d’amore il figlio del re e la fatata figlia del mercante.
- Fiaberella