Il topo di campagna e il topo di città
Il topo cittadino da quel dei campi ch’era suo amico s’ebbe un invito a pranzo, e tosto lieto partì per la campagna.
Ma il pranzo era erba e grano.
“Vedi”, gli disse, “che vita da formica meni, mio caro! E io d’ogni ben di Dio piena ho la casa; tu vieni meco, ché ti darò di tutto”.
Verso la città trottan gli amici tosto.
L’ospite ostenta legumi e fichi secchi e cado e pane, datteri, miele e frutta. L’altro, stupito, di cuore lo ringrazia, il triste suo destino maledicendo.
Ma quando il pranzo s’apprestano a gustare, capita un tale che l’uscio ti spalanca.
I miseri al rumore, con un sussulto, corron dentro le buche del pavimento.
Ne escon poi fuori, per via dei fichi secchi, ecco entra un altro, per non so qual faccenda. Scorgendolo, i meschini dentro le buche, in cerca di salvezza, balzan di nuovo.
Il campagnolo allora, passando sopra all’appetito, sospira e dice all’altro: “Amico, addio! Saziati pur ben bene, goditi il pranzo con tutte le sue gioie, tutti i rischi e tutte quante le paure! Io meschinello, campando a grano ed erbe, senza sospetto vivrò, senza timore”.
E’ meglio assai, dice la favoletta, vivere in santa pace vita modesta, che far del lusso sempre fra i batticuori.
- Fiaberella