La fiaba di Koshchej Bessmertnyi
Spesso le mamme dicono ai bambini magrolini, che non vogliono saperne di mangiare: “Ma guardati, sei uguale a Koshchej!”. Il nome di questo personaggio malvagio deriva infatti, con ogni probabilità, dalla parola russa “kost”, “osso”, e la rappresentazione tradizionale di questo cattivone della mitologia slava è quella di uno scheletrico vecchiaccio tutto pelle e ossa.
Anche Koshchej Bessmertnyi (a doverlo tradurre, si potrebbe arrischiare un “Pelleossa l’immortale”) è una di quelle figure della tradizione russa che vive nel mondo di mezzo tra i vivi e i morti, e, proprio per questo, ha forze magiche pressoché illimitate ed è eterno. Di solito appare nelle fiabe sotto le sembianze di uno spaventoso principe stregone dalle infinite ricchezze, che rapisce belle ragazze per prenderle in moglie.
In una fiaba pietrifica un’intero regno, in un’altra punisce la figlia dello zar, Vasilisa, trasformandola in una rana.
È molto difficile sconfiggerlo. Infatti, tecnicamente non è immortale, ma per ucciderlo bisogna far fuori non solo il suo corpo ma anche la sua anima, che è ben nascosta: si trova sulla punta di un ago, e l’ago è dentro un uovo, e l’uovo dentro un’anatra, e l’anatra dentro una lepre e la lepre dentro un baule, avvolto di grosse catene e posto sulla cima di una grossa quercia. Secondo le fiabe più antiche, Koshchej è inoltre cieco e, per vedere il suo nemico, chiede ai suoi servi di alzargli le palpebre.
La figura di Koshchej era associata, tra gli antichi slavi, al rito di consacrazione del matrimonio. Così, nelle fiabe, la ragazza può andare in sposa all’amato, solo dopo essere stata rapita da Koshchej l’Immortale e dopo che il fidanzato l’ha liberata, sconfiggendo il vecchio e con lui le forze del male.
- Fiaberella