La fiaba di Lalla Maghnia
In quel che fu il regno di Tlemcen, vicino a Maghnia, si trovava la casa di riunione di una confraternita sufi* retta da un maestro molto conosciuto e venerato nella regione. Questi morì senza lasciare eredi maschi, ma la sua unica figlia era stata educata in modo così profondo alla mistica che potè subentrare al padre nella guida spirituale della comunità. Per la sua grande cultura e la sua versalità in tutti gli esercizi dei sufi, fu scelta per succedere al padre alla giuda della scuola, ma nonostante questo ufficio prestigioso, essa manteneva un comportamento molto umile. Otto giorni dopo la morte del maestro si presentò alla comunità il figlio del fratello pretendendo il proprio diritto alla successione. Quest’uomo in realtà non era di molto valore amava il lusso e non aveva la minima considerazione per le donne. Lalla Maghnia era giovane e di straordinaria bellezza, ma avendo fatto voto di castità rifiutò la mano del sultano di Fès, che l’aveva chiesta in sposa.
Il sultano considerò il rifiuto un’offesa personale e inviò un drappello di cavalieri con l’ordine di devastare il paese tutto intorno alla casa della confraternita. I soldati furono crudeli e benché tutti combattessero con grande valore comprese le donne, il paese dovette arrendersi. I soldati se ne andarono, ma la gente si impoverì e questo anche a causa di una prolungata siccità. Quando, nel mese del digiuno Ramadan, una carovana proveniente da un santuario di Orano chiese cibo per i cavalli, Lalla Maghnia portò fuori l’unico grano che le era rimasto. I cavalli mangiarono, ma il recipiente tornò pieno e questo continuò a ripetersi. Fu il primo miracolo di Lalla Maghnia.
Un giorno Lalla Maghnia incontrò un pastore che camminava suonando il flauto, subito se ne innamorò, ma si pentì perché aveva offeso il suo voto di castità. Tuttavia il suo cuore continuava a battere per il pastore ed essa si recò in pellegrinaggio alla Mecca per chiedere al Profeta di essere liberata da questo sentimento. Per penitenza le venne imposto di sposare il cugino e Lalla Maghnia con il cuore pesante, mantenne la promessa. L’uomo, grazie a questa immeritata fortuna, divenne ancora più arrogante e quando la moglie partorì un figlio maschio superò ogni limite maltrattando in modo vergognoso sia lei che ogni altra persona.
Lalla Maghnia dopo l’ennesima violenza, lo invitò a cambiare vita, perché in caso contrario il loro bambino sarebbe morto. L’uomo si beffò di lei e la sera stessa il figlio morì. La donna fu accusata dal marito di stregoneria e messa in prigione, poi mandò suo schiavo nero che la battè e pretese, in nome del padrone, che falciasse tutta l’erba di lì fino all’Atlantico. Stanca morta, prese in mano la falce e l’erba si abbatté come se fosse stata falciata senza che lei muovesse un dito. Lo schiavo impallidì, tornò di corsa dal padrone e gli raccontò il miracolo. Questi lo prese in giro, ma poi si recò sul luogo e vide con i suoi occhi che cosa era successo. La sua ira aumentò diede l’ordine di filare in una sola notte un’enorme montagna di lana. Lalla Maghnia, stremata, si sedette senza riuscire neppure a cominciare, ma il giorno dopo tutta la lana era stata filata. L’uomo la lasciò libera, ma lei divenne pazza. Il pastore che aveva amato era stato trasformato in una palma. Un giorno Lalla Maghnia disse ai suoi genitori adottivi: “Quando sarà grande, mostrate questa palma a mio figlio” (che era morto da lungo tempo). Quando morì, essa stessa divenne palma e crebbe vicino a quella del pastore.
- Fiaberella