La matrigna
C’era una volta,
un oste che aveva una figlia incredibilmente bella.
Quest’uomo si risposò con una donna la cui bellezza era assai lontana da eguagliare quella della figliastra; così, la matrigna cominciò a invidiarla e divenne gelosa.
Ella prese a torturare quel povero marito finché questi un giorno acconsentì a separarsi dalla figlia, nonostante fosse per lui un immenso sacrificio; così, disse un giorno a sua figlia: “Vieni, andiamo a fare una passeggiata.”
S’incamminarono verso i boschi e i fiumi.
Arrivati sulla sommità di una collina, il padre disse a sua figlia di aspettarlo lì qualche minuto, per dargli il tempo di andare a raccoglierle dei fiori non molto lontano da lì.
La fanciulla attese un’ora, poi due, e così fino a sera: ma il padre non tornò più ed ella si sentì abbandonata, e si mise a piangere.
Alla fine udì dei passi; si diresse verso il rumore, ma si ritrovò in mezzo ad una banda di ladri, i quali, affascinati dalla sua splendida bellezza, non le fecero alcun male e decisero di tenerla a casa loro, come una sorella, e in questa condizione ella visse a lungo.
Un giorno che preparava da mangiare, vide arrivare una vecchina: la fece entrare in casa, le offrì quanto aveva, e l’invitò a tornare ogni volta che voleva; la vecchia, che era una strega, le chiese il permesso di venire tutti i giorni a pettinarle i bellissimi capelli.
La ragazza acconsentì per farle piacere, e, l’indomani, la vecchia, mentre la pettinava, le conficcò uno spillo in testa e se ne andò.
Quando i ladri tornarono a casa, la trovarono trasformata in statua; la scossero, la chiamarono a gran voce, cercando di rianimarla in tutti i modi, ma non ci fu niente da fare.
Decisero, pertanto, di conservarla e tenerla come si tiene una statua, e la misero in un luogo dove tutti potevano osservarla passando.
Accadde poi che il figlio del re andò a caccia per quei boschi, con il suo numeroso seguito, e mentre cacciava, s’accorse che molti dei suoi compagni si erano fermati; andò a vedere, e trovò quella bellissima fanciulla inanimata.
Ordinò che fosse trasportata al suo palazzo e custodita in camera sua, e non lasciò mai entrare nessuno.
Ma questa forma di protezione nei confronti della statua attirò la curiosità dei cortigiani e di sua sorella; la principessa, un giorno, sgattaiolò in camera del fratello, e, vedendo questa straordinaria bellezza, volle assolutamente pettinarla, ma il pettine si fermava contro lo spillo: allora ella lo estrasse, e nello stesso istante, la fanciulla si rianimò.
Quando il figlio del re rientrò al palazzo, non gli fu difficile capire che doveva essere accaduto qualcosa.
Sua sorella corse a chiamarlo, dicendogli di andare subito in camera sua a vedere cosa c’era.
Quando aprì la porta e vide che la splendida fanciulla era tornata in vita, subito la supplicò di accettarlo per marito.
Ella acconsentì, e si sposarono.
Purtroppo, però, trascorsero insieme solo pochi giorni di felicità, perché era stata dichiarata guerra, e il principe dovette tristemente partire, lasciando sua moglie alle cure dei suoi genitori.
Verso la fine dell’anno, la principessa mise al mondo due gemelli, un bel maschietto e una bella femminuccia. Fu inviato un servo fedele con una missiva al marito.
Quello, dopo aver cavalcato a lungo, decise di domandare ospitalità all’osteria del padre della principessa; la matrigna, che era al corrente dei trascorsi della sua figliastra, mentre il domestico reale dormiva, riuscì ad impadronirsi della lettera e la sostituì con un altra in cui si informava che la moglie aveva partorito e un cane e una cagna.
Il domestico, che non si insospettì di nulla, se rimise in marcia il mattino seguente e raggiunse il sovrano in guerra, il quale, rimase scioccato dalla notizia ricevuta.
Poi, però, per quanto fosse addolorato, rispose con un’altra lettera, in cui raccomandava di prendersene cura in ogni caso, perché era comunque i suoi figli.
Il domestico fece il viaggio a ritroso, e sul ritorno si fermò di nuovo alla locanda, e lì, la matrigna cattiva, durante la notte, riuscì di nuovo a sottrarre la missiva e a sostituirla con un’altra in cui figurava che il principe ordinasse di disfarsi sia della madre, che dei cuccioli.
Ricevendo tale ordine, i suoi genitori, sorpresi, esitarono a lungo prima di ubbidire; alla fine, pensando di non poter più sottrarsi ai desideri del figlio, un bel mattino cacciarono madre e bambini.
La poveretta non sapeva dove andare, infine, si allontanò, in lacrime, con in braccio i suoi figli; vagò a lungo, finché si fermò in una foresta, accese tre fuochi, un per il Signore, uno per la Vergine, e uno per Sant’Antonio, poi si mise a pregare, come non aveva mai fatto in vita sua.
A un certo punto, dopo aver pregato, sentì una voce, che le disse: “Che cosa desideri?”
Ed ella rispose: “Chiedo soltanto una casa dove vivere, e i mezzi sufficiente ad allevare i miei poveri bambini.”
Non aveva ancora finito di parlare che una casa si eresse miracolosamente davanti a lei. Felice, ringraziò Dio per averle concesso il miracolo, e subito si stabilì nella sua nuova dimora con i suoi bambini, e lì, crebbe in pace i suoi figli.
Ma il ricordo di suo marito e della crudeltà dimostratale restò indelebile nella sua memoria.
Quando poi la guerra finì, il figlio del re tornò a casa.
Quando apprese ciò che era successo, si fece portare la lettera che conteneva l’ordine fatale, e comprese che c’era stato sotto qualche complotto, e, disperato si mise alla ricerca di sua moglie e dei suoi figli.
Camminò a lungo, con la pioggia, con il vento o con il sole, e alla sera arrivò alla casetta abitata dalla moglie e dai suoi figlioletti; bussò alla porta e domandò ospitalità, e fu ben ricevuto.
Lei l’aveva riconosciuto subito e gli servì quanto di meglio aveva, poi, lo portò in un camera dove si addormentò.
Il mattino, all’alba, il figlio maschio entrò in camera, e, vedendo che le braccia di suo padre pendevano fuori dal letto, il bimbo le alzava dicendo: “Rimettetevi dentro, braccia di mio papà!”
Il figlio del re si risvegliò di scatto, senza capirci niente, e lascia cadere giù anche una gamba.
Arrivò anche la femminuccia, la quale, alzò la gamba e disse: “Rimettetevi dentro, piedi di mio papà!” Allora il padre, felice, osservò di nuovo i due bambini e chiamò la madre, e la riconobbe subito.
I due si abbracciarono, lui la strinse al petto e le raccontò tutto quello che era successo, ed ella ascoltò con le lacrime agli occhi.
La matrigna, che era stata la causa di tutto questo male, fu punita come meritava e i quattro tornarono insieme a corte, dove vissero a lungo felici e contenti.
- Fiaberella