La Poavola
C’era una volta,
in terra di Boemia, piacevoli donne, una vecchiarella, di nome Bagolana Savonese.
Costei, era povera e aveva due figliuole, che si chiamavano Cassandra e Adamantina.
Vedendosi prossima alla morte, raccolse a sé le figlie, per lasciar loro i suoi pochi averi, prima di morire tranquilla.
E non avendo beni di particolare valore, eccetto una cassettina piena di stoppa, fece testamento, dove lasciò la cassettina alle figliuole, pregandole di vivere insieme in pace anche dopo la sua morte.
Le due sorelle, nonostante fossero povere di beni materiali, nondimeno erano ricche nell’animo, ed in virtù e costumi non erano inferiori alle altre donne.
Morta e sepolta, dunque, la vecchiarella, Cassandra, che era la sorella maggiore, prese una libbra di quella stoppa, e con molta sollecitudine si mise a filare; e filata che fu, diede il filo a sua sorella Adamantina, affinché lo portasse in piazza e lo vendesse, per comprare del pane con i soldi che ne avrebbe ricavato, così da poter tutte e due tirare avanti.
Adamantina, preso il filo, se n’andò in piazza per venderlo secondo come le aveva detto di fare Cassandra; ma inaspettatamente, ebbe l’opportunità di fare il contrario di quello che le aveva comandato la sorella: giunta in piazza, vide una vecchietta che aveva in braccio una bambola, la più bella bambola che avesse mai visto.
Adamantina s’innamorò di lei a prima vista, sicché il suo unico pensiero fu il modo di ottenerla, dimenticando completamente il filo.
Voleva ottenere la bambola, ma non sapeva come fare: decise così di tentare la fortuna, e propose alla vecchia un baratto; si avvicinò e le disse: “Signora, gradireste scambiare la vostra bambola con il mio filo?”
La vecchia, vedendo la fanciulla bella, gentile e tanto desiderosa di avere la bambola, acconsentì allo scambio: prese il filo e le lasciò la bambola.
Adamantina, avuta la bambola, fu fuori di sé dalla contentezza, e tutta lieta e giocosa se ne tornò a casa.
Vedendola rientrare, Cassandra disse: “Hai venduto il filo?”
“Sí,” rispose Adamantina.
“E dov’è il pane che hai comprato?”
A questa domanda Adamantina aprì il grembiule di bucato che portava indosso e mostrò alla sorella la bambola che aveva barattato.
Cassandra, che si sentiva morire di fame, vedendo la bambola al posto del pane, andò in collera con la sorellina, l’afferrò per le trecce, e le diede tante di quelle botte, che alla fine la poveretta non poteva più muoversi.
Adamantina, incassate le botte senza protestare, alla fine se n’andò in camera con la sua bambola.
Venuta la sera, Adamantina,come le fanno le bambine, tolse la bambola dal grembo e accese il fuoco; e preso dell’olio della lucerna, le unse lo stomaco e i reni: poi la rivestì in certi stracci che possedeva e se ne andò a letto insieme alla bambola.
Ma si era appena addormentata, quando la bambola cominciò a chiamare: “Mamma, mamma, devo fare la cacca!”
E Adamantina disse: “Che hai, figliuola mia?”
E quella rispose: “Io vorrei fare la cacca, mammina.”
E Adamantina: “Aspetta, figliuola mia,” disse.
E alzatasi dal letto, prese il grembiule che portava il giorno prima e glielo pose sotto dicendo: “Adesso puoi fare la cacca, bimba mia” e la bambola riempì il grembiule di soldi.
Alla vista di tutti quei soldi, Adamantina corse a svegliare la sorella Cassandra e le mostrò i denari che aveva fatto fuori la bambola.
Cassandra a quella vista rimase stupefatta; ringraziò la bontà Divina per averle così tolte dalla miseria, e voltatasi alla sorella, le chiese perdono delle botte che con gran torto le aveva dato, e fece molte carezze alla bambola, e la baciò dolcemente, tenendola stretta in braccio.
Così, il giorno dopo le due ragazze furono rifornite di pane, di vino, di olio, di legna e di tutte quelle cose che assicurano una vita agiata.
Ogni sera ungevano lo stomaco e i reni della bambola, l’avvolgevano in morbidissimi panni, e spesso le chiedevano se volesse fare la cacca.
Ed ella rispondeva di si, e faceva fuori ogni volta tantissimi soldi.
Avvenne un giorno che una vicina di casa andò un giorno da loro, e vedendo in casa tanto benessere, si meravigliò parecchio; non riusciva a credere che le due fossero diventate ricche da un giorno all’altro, povere com’erano.
D’altra parte vide bene che non pativano certo la fame.
Si mise così a rimuginare tra sé, decisa a scoprire da dove fosse venuta tanta fortuna, così un giorno chiese loro: “Figliole mie, come avete fatto a rifornivi la casa? Dove avete trovato tanto bendiddio? Fino all’altro giorno eravate così povere!”
E Cassandra rispose: “Abbiamo barattato del filo di stoppa con una bambola, la quale ci rende parecchio denaro.”
Quella allora divenne invidiosa, così invidiosa che volle a tutti i costi rubargliela.
E ritornata a casa, raccontò al marito come le due sorelle avevano una bambola che dì e notte forniva loro molto oro ed argento, e che moriva dalla voglia di prendergliela.
Il marito, che inizialmente non credette a una parola, si fece beffe della moglie, ma lei insisté tanto che alla fine riuscì a convincerlo.
Allora le disse: “E come farai a rubargliela?”
E la moglie rispose: “Tu farai finta di essere ubriaco, prenderai la tua spada, e mi correrai dietro per uccidermi, minacciandomi con la spada; io farò finta di aver paura e fuggirò in strada; così loro s’impietosiranno e mi ospiteranno in casa per proteggermi da te: io passerò lì la notte e poi vedrò come fare per prendergliela.”
La sera seguente, quindi, il marito prese la spada arrugginita, e sbattendola nel muro corse dietro alla moglie: la quale, piangendo e gridando ad alta voce, fuggì fuori di casa.
Le due sorelle, udendo quello che accadeva, corsero alle finestre e riconobbero la voce della loro vicina, la quale gridava di disperazione, e le due sorelle, abbandonate le finestre, scesero giù all’uscio, e come previsto, la tirarono in casa.
Domandarono alla fintona come mai il marito fosse così in collera con lei, e quella rispose: “È tornato a casa ubriaco fradicio, e siccome l’ho rimproverato per come si è ridotto, ha preso la spada e mi è corso dietro per uccidermi. Ma io, che sono più furba di lui, sono fuggita via per non dare scandalo e sono venuta qui.”
Allora, le sorelle, di comune accordo, dissero alla donna: “Avete fatto bene, e stanotte voi rimarrete qui con noi, perché non vogliamo che corriate pericolo di vita: così vostro marito s’arrangerà e imparerà la prossima volta a non ubriacarsi.”
Apparecchiarono la cena e cenarono insieme; dopo aver mangiato, sistemarono la bambola come al solito, e se ne andarono a dormire.
Dopo un pò la bambola ebbe bisogno di fare la cacca e Adamantina le mise sotto il panno morbido, come al solito, e la bambola cacò danari con grandissima meraviglia di tutte.
La vicina vide tutto e rimase a bocca aperta per lo stupore, e non vedeva l’ora di riuscire a portarsela via.
Alle prime ore del mattino, mentre Cassandra e Adamantina dormivano ancora, si alzò silenziosamente dal letto, e senza farsi accorgere, prese la bambola; le sorelle si svegliarono, ed ella disse loro di stare tranquille, che andava a casa, sicura che ormai al marito fosse passata la sbronza.
Arrivata a casa, la donna disse esultante al marito: “Marito mio, abbiamo trovato fortuna! Guarda qua la bambola!” tutta felice e contenta, che non stava più nella pelle all’idea di diventar ricca.
Quella sera, la donna prese la bambola e ripeté fedelmente il rituale come lo aveva visto fare da Adamantina e andò a letto .
Fatto il primo sonno, la bambola si svegliò e disse: “Signora, devo fare la cacca!” (non: «Mamma, devo fare la cacca», perché non la conosceva); e la buona donna, tutta desiderosa di vedere i soldi, si alzò dal letto, prese un panno di lino bianchissimo, glielo mise sotto al sedere e disse: “Fai la cacca, figlia mia, fai la cacca!”
La bambola, invece di danari, riempì il panno di tanta puzzolente feccia, che non ci si poteva avvicinare.
Allora disse il marito: “Ecco, pazza che sei, hai visto come ti ha sistemata per benino! Scemo io che ti ho creduto.”
Ma la moglie, contrastando il marito, con giuramento affermava di aver visto con i suoi occhi tutti i soldi che aveva fatto in casa delle due sorelle, quindi volle riprovare un’altra volta la notte seguente.
Ma la notte seguente la bambola riempì di nuovo la camera di puzza che non si poteva resistere, e il marito l’afferrò e la gettò fuori della finestra sopra un mucchio di rifiuti che si trovavano fuori da casa loro.
Avvenne poi che il mucchio di rifiuti fu preso da alcuni contadini lavoratori di terre messo sopra a un carro, per preparare del buon concime per il terreno; e per errore, senza che nessuno se ne accorgesse, fu raccolta anche la bambola.
Destino volle che Re Drusiano, andando un giorno a caccia, ebbe un terribile moto d’intestino, e, smontato da cavallo, fece i suoi bisogni.
E non avendo niente per pulirsi, chiamò un servo perché gli portasse qualcosa.
Quello, non sapendo dove guardare, andò a cercare al mucchio dei rifiuti e trovò per caso la bambola; la prese in mano e la portò al re, il quale, senza pensarci su due volte, la usò per pulirsi; ma la bambola gli afferrò le natiche con i denti e il re cacciò un urlo di dolore.
Più la bambola stringeva forte, più lui gridava.
Allora accorsero i servi, e vedendo che giaceva in terra come morto, restarono tutti sorpresi e non capivano cosa succedeva, finché si accorsero della bambola, allora cercarono con tutte le loro forze di levargliela dal sedere, ma inutilmente: la bambola non voleva saperne di staccarsi, stringendo e mordendo anche di più, facendogli vedere le stelle.
Sicché il povero re dovette tornarsene al palazzo con la bambola attaccatagli al sedere, e siccome nessuno riuscì a staccarla, fece fare un bando: che chiunque, di qualsiasi condizione e grado, riuscisse a staccargli la bambola da dietro, avrebbe avuto in cambio un terzo del suo regno; e se invece si fosse trattato di una fanciulla, il re l’avrebbe presa in moglie.
Diffusasi la notizia, in molti giunsero al palazzo con la speranza di ottenere l’agognato premio, ma la grazia non fu concessa a nessuno: anzi, come qualcuno si avvicinava, ella stringeva ancora meglio.
Il che era un terribile tormento per il povero re, che non trovava riposo e sollievo, e giaceva quasi morto dal dolore.
Nel frattempo, Cassandra e Adamantina, che si erano disperate per l’improvvisa perdita della loro amata bambola, seppero del bando e si presentarono al palazzo.
Cassandra, alla vista della bambola, le fece mille feste e coccole.
Ma la bambola, stringendo i denti e chiudendo le mani, tormentava maggiormente il disgraziato re. Adamantina, che si era tenuta fino ad allora in disparte, si avvicinò e disse: “Sacra Maestá, lasciate che provi anch’io”, e avvicinatasi alla sua cara bambola, le disse: “Bimba mia, staccati orsù dal mio signore, non gli dare più tormento”, e presala per i pannicelli, l’accarezzava affettuosamente.
La bambola, che riconobbe la sua mamma, finalmente si staccò dal re e saltò nelle sue braccia.
Allora il re fu sbigottito da quel prodigio, e finalmente contento poté riprendersi dalla stanchezza e dal dolore.
Quando poi si sentì meglio, e delle gran morse risanato, per non mancare alla promessa fatta, fece venire Adamantina; e vedendola così bella e gentile, in presenza di tutto il popolo la sposò: ma pensò anche a Cassandra, che fece maritare con un suo prode; e fatte solenni e pompose feste e trionfi, tutti in allegrezza e tranquillità vissero a lungo felici e contenti.
La bambola, vedute le superbe nozze dell’una e l’altra sorella, vedendo che erano sistemate per sempre, subito disparve, e poi di lei non si seppe più nulla.
- Fiaberella