La ricotta bianca
C’erano una volta due principi, che non avevano babbo né mamma.
E questi due fratelli si volevano bene assai, non c’era mai fra loro quella gelosia che tanto spesso nutrono i fratelli.
Un giorno erano a tavola, uno accanto all’altro, e mangiavano la ricotta.
Quando il maggiore fece per tagliarla, gli sfuggì il coltello e si tagliò un dito, macchiando di sangue la ricotta.
Il fratello ferito disse: “Guarda, fratello mio, com’è bello il rosso di questo sangue col bianco di questa ricotta! se trovassi una fanciulla con questo bianco e questo rosso, sarei felice di sposarla!”
“Fratello mio,” disse allora il fratello cadetto, “se vuoi sposarti, ci penso io a trovare una giovane bella come tu la vuoi. Guarda, parto subito, e te la vado a cercare.”
Prese commiato dal fratello, poi, sceso nella scuderia, si scelse un buon cavallo.
Il fratello gli diede una grossa somma, per provvedere alle sue necessità durante il viaggio, e così partì.
Cammina cammina, arrivò in un paese, e passando per le strade guardava uno ad uno tutti i balconi e tutte le finestre, per vedere se scorgeva un viso bello, ma non vedeva nemmeno una donna che gli piacesse.
A un certo punto vide che si era riunita una folla e chiese che faceva là tutta quella gente.
“Vendono un cavallo meraviglioso” gli risposero.
Si avvicinò, vide il cavallo, gli piacque e se lo comprò.
Disse fra sé e sé: «Meglio che nulla, nel caso che non trovi il viso bello, a mio fratello porterò almeno questo bel cavallo, così vedrà che il mio pensiero è per lui».
Ma siccome non voleva viaggiare con due cavalli, lasciò in una bottega quello che aveva comprato, dopo aver detto al padrone: “Questo cavallo me lo devi governare, ché al mio ritorno verrò a riprendermelo”.
E così dicendo diede una certa somma al bottegaio, per pagargli il disturbo.
Partì per un altro paese, lontano come Messina qui da Palmi, ma nemmeno a Messina trovò una donna come quella che andava cercando.
In una piazza vide un capannello di gente, chiese che cosa c’era. e gli dissero: “Vendono una spada meravigliosa, un’arma davvero eccezionale.”
Si avvicinò anche lui, vide la spada, gli piacque e la comprò.
Pensò: «Nel caso che non trovi la sposa che conviene a mio fratello, gli porterò almeno qualche altra cosa, così capirà il mio amore sincero.»
Ma siccome al fianco portava la sua spada, lasciò al mercante quella che aveva comprato, dicendo: “La riprenderò al mio ritorno, ecco un compenso per il vostro disturbo.”
Passò a Palermo, e nemmeno là trovò una donna bella come la voleva lui.
In una piazza vide tanta gente intenta a guardare, domandò che c’era e qualcuno gli disse che vendevano un’aquila.
La vide, gli piacque e la comprò.
Fece lo stesso pensiero, si disse: «Almeno mi crederà mio fratello, quando vedrà che per lui faccio tanta strada!»
Lasciò l’uccello a un tale, gli diede una somma perché lo mantenesse come si deve fino al suo ritorno, e partì per Napoli.
Un giorno che si trovava in mezzo alla campagna si mise a sedere pensieroso e si disse: «I denari li ho quasi finiti, il bel viso non l’ho trovato e sono confuso: che posso fare?»
In quel momento gli si avvicinò una vecchia che chiedeva l’elemosina: “Lasciami in pace, buona vecchia! non lo vedi che sono disperato? che vuoi che ti dia?”
“Bel giovane, sii buono, fammi la carità, ché se posso ti aiuterò io!”
Il principe prese e le diede dodici soldini, e allora la vecchia gli chiese: “Che avete, figlio di re?”
“E che ho! Che ho? Vado cercando il bel viso, ché mio fratello vuole sposarsi, e non mi riesce trovarla!”
“Senti, il bel viso, se tu vuoi, te lo trovo io, e sta’ tranquillo che un’altra bellezza come quella non si trova. Se vuoi farti trovare qua domani alla stessa ora, vado a parlarne alla bella giovane e poi te lo vengo a riferire.”
“Ma guarda che dev’essere bella davvero!” le disse il principe “perché di brutte facce se ne trovano dappertutto, non c’è bisogno di viaggiare tanto. Per esser bella come dico io, deve avere la pelle come la ricotta bianca e rossa come il sangue.”
“Di questo non ti devi più preoccupare! pensa solo a trovarti qua domani alla stessa ora.”
E con queste parole la vecchia se ne andò.
Questa vecchia sapeva che in una lontana campagna c’era una draga che teneva prigioniera una principessa bella come il sole, e ogni tanto andava là a chiedere l’elemosina.
E così si mise in cammino, arrivò dalla draga e poté parlare in segreto con questa giovane.
Le disse: “C’è un figlio di re che cerca un bel viso, e non è ancora riuscito a trovarlo. Siccome ho visto che sei bella come il sole, gli ho detto che sarei venuta a dirtelo. Ora, nel caso che tu abbia voglia di fuggire, io te lo faccio venire qua, così lo puoi vedere, e siccome ha un bel cavallo quando ti pare e piace puoi scappare con lui.”
La bella le rispose: “No, vecchia, no, perché stanno per arrivare mio padre e mia madre, che, come sai, sono il drago e la draga, e, se non te ne vai lesta lesta, mangiano anche te. Appena arrivano, gli chiedo quando dovranno allontanarsi di nuovo, e quanto staranno lontani da casa; tu passi di qua, e io te lo so dire. Ma ora, rimpiattati da qualche parte, che mi pare proprio che stiano sembra che stiano per arrivare, perché se ti trovano a parlare con me, guai a te!”
La povera vecchia, tutta impaurita, corse a cercare un nascondiglio nei campi, e fece appena in tempo a salvarsi.
Ecco che arrivano i draghi, marito e moglie, e salgono le scale.
Questa giovane, dopo aver parlato con la vecchia, se ne stava soprappensiero, e la draga, che la conosceva bene, vedendola così melanconica, le chiese: “Che hai?”
“Niente, mamma, volete mangiare?”
“Sì, sì!” disse la draga, “perché sono affamata.”
Il drago e la draga mangiarono, e siccome erano stanchi se ne andarono a letto senza fare altre domande.
Allora la vecchia, approfittando dell’oscurità, se la svignò, e il giorno dopo, all’ora fissata, si presentò al figlio del re, nel solito posto.
Gli disse: “L’avevo trovata sola, ma proprio allora arrivavano sua madre e suo padre, e mi ha detto che gli avrebbe chiesto quando se ne sarebbero andati di nuovo e per quanto tempo sarebbero stati lontani. Quando torno, mi saprà dare notizie più precise.”
“Ma è bella?” domandò il principe.
“Sì, è proprio bella, bella come il sole, bella come tu la vuoi!”
“Se mi garantisci che è così bella” disse “mi muovo e vengo con te! Così la vedo, e se è quel che cerco facciamo l’accordo.”
I draghi, proprio quella mattina, si alzarono e dissero alla figlia: “Figlia, guarda che noi partiamo e resteremo fuori per sette giorni. Raccomandiamo la casa a te.”
Quando se ne furono andati, questa giovane si affacciò alla finestra, sperando di vedere la vecchia.
Ed ecco, quando meno se lo aspettava, vide la vecchia insieme a un giovane bello, che era proprio il principe.
Quando la videro alla finestra, il principe e la vecchia capirono che era sola ed entrarono subito in casa.
Quando il giovane vide il bel viso da vicino: “Oh!” esclamò “questa sì che è degna di sposare mio fratello! Bianca come la ricotta e rossa come il sangue!”
La informò che suo fratello era un giovane bello, ricco e potente, e poi le disse: “Questa è l’ora giusta per andarcene!”
“No,” disse lei “perché mio padre e mia madre prima di partire mi hanno detto che staranno fuori per sette giorni, e invece, quando dicono sette, ne stanno lontani solo tre: lo so, perché è quello che succede sempre. Per questo ci manca il tempo per preparare tutto quel che occorre prima che tornino.”
“E allora, quando?” rispose il principe, che non vedeva l’ora di portarsela via.
Disse viso bello: “Quando? te lo manderò a dire per questa nostra vecchia. Bisogna che si allontanino almeno per quindici giorni, altrimenti sono guai, la nostra impresa fallirebbe. Tu intanto puoi preparare un bastimento, così possiamo viaggiare per mare.”
Il figlio di re, a queste parole, le disse: “Arrivederci, al mio ritorno,” e si mise a preparare il bastimento, rifacendo lo stesso viaggio che aveva già fatto all’andata.
Andò a riprendere l’aquila, la spada e il cavallo, caricò tutto sul bastimento, e quando fu tutto pronto, lo varò.
Arrivò a Napoli proprio quando la vecchia riceveva l’ambasciata dalla giovane, che i draghi sarebbero stati via per quindici giorni.
La vecchia chiamò il principe, il bastimento era pronto, e i due giovani fecero vela.
Il mare era calmo, il viaggio bello, ma per disgrazia non c’era vento e il bastimento faceva poca strada.
Intanto i draghi tornarono a casa e non trovarono la figlia. “Ahi, ahi!” disse la draga al marito la draga: “sono fuggiti! Presto, andiamo, raggiungiamoli!”
Subito si trasformarono, lei in colomba e lui in colombo, e vola vola li raggiunsero.
Si posarono sull’antenna del bastimento e: “Currucutucù!” fece lei, “currucutucù, currucutucù!” come se volesse piangere.
“Che hai, che hai, moglie mia?” le chiese il marito.
“Ahi, guarda! il principe ha rapito mia figlia. Ma appena scenderà dal bastimento e toccherà l’acqua, la Sirena del mare arriverà per portarla con sé!”
Chi sente e parlerà statua di marmo diventerà.
Dopo un po’ di tempo, guardava giù nel bastimento e ricominciava come prima: “Currucutucù, currucutucù!”
“Che hai, che hai moglie mia, che ti lamenti tanto?”
“Il principe ha rapito mia figlia. Quando il suo sposo monterà sul cavallo, cadrà e si romperà un’anca!”
Chi sente e parlerà statua di marmo diventerà.
Loro due, là sotto, sentivano e stavano in silenzio, senza nemmeno fiatare, per la paura che l’incantesimo della draga li trasformasse in una statua di marmo.
E lei, poco dopo, ricominciava: “Currucutucù!”
“Che hai, che hai, moglie mia?”
“Quei due principi ladroni hanno rubato mia figlia. Quando il suo sposo impugnerà la spada, se la infilerà nel fianco e la spada lo passerà da parte a parte.”
Chi sente e parlerà statua di marmo diventerà.
E dopo un altro po’ di tempo parlò ancora, con voce ancora più lamentosa: “Currucutucù, currucutucù, currucutucù!” “Perchè ti lamenti, che hai, che hai, moglie mia?”
“Ahi, che sono disperata! mi hanno rubato la mia unica figlia! Quando il suo sposo andrà a prendere l’aquila, gli caverà gli occhi senza pietà!”
Chi sente e parlerà statua di marmo diventerà.
Intanto il bastimento era arrivato in porto.
Il principe non fece scendere sua cognata, per paura dell’incantesimo, e pensò di scrivere una lettera a suo fratello, dicendo che la sposa per lui l’aveva trovata, bianca come la ricotta e rossa come il suo sangue, ma per sbarcare avevano bisogno di un ponte che collegasse il bastimento alla riva, per poter scendere senza toccare l’acqua.
Il fratello, tutto contento, ordinò che fosse costruito il ponte e glielo fece portare più presto che poté.
Così i due cognati poterono passare sul ponte per scendere a riva, senza toccare l’acqua, e con loro passarono il cavallo, l’aquila e la spada.
Quando furono davanti al fratello, questo fu così felice, vedendo la sposa tanto bella, molto più bella di come l’aveva immaginata, che per poco non morì di gioia: “Oh, fratello mio! che sposa meravigliosa mi hai portato! Presto, presto, prepariamo lo sposalizio: mi pare che ogni istante che passa inutilmente sia lungo cent’anni!”
Ma per fare i preparativi del matrimonio ci volevano altri due giorni, e lo sposo non sapeva come fare per passare questo tempo senza annoiarsi.
Girando di qua e di là, vide il cavallo e disse: “Oh, che bel cavallo che mi ha portato mio fratello! Domani lo voglio montare e voglio fare una bella cavalcata per tutta la città.”
Lo sentì suo fratello, che vigilava sempre, e senza dir nulla a nessuno si alzò durante la notte, e ammazzò il cavallo con un colpo di pistola.
La mattina seguente il futuro sposo si alzò con il proposito di farsi una bella passeggiata a cavallo, ma entrando nella scuderia trovò il cavallo morto. «Ma chi ha ammazzato questo cavallo? Non può essere stato altro che mio fratello: mi ha fatto proprio un bel regalo! Va bene, va bene» si disse, e non ne fece più parola.
Dopo qualche ora, disse: “Ora voglio uscire con la spada al fianco!”
Il fratello sentì, subito comprese il pericolo e ruppe la spada in due pezzi.
Lo sposo andò per prenderla, e la trovò rotta.
Pensò che solo suo fratello poteva averla spezzarla, ma non ne parlò con nessuno.
Più tardi disse: “Domani me ne voglio proprio andare sul dorso dell’aquila, per vedere che cosa si prova a viaggiare nel cielo.”
Il fratello, che lo seguiva sempre attento a quel che diceva, sentendo queste parole aspettò che venisse la notte e sparò all’aquila.
La mattina il futuro sposo, vedendo l’aquila morta, si indispettì con suo fratello, perché gli parve che lo facesse apposta, e voleva farlo arrestare, ma la promessa sposa lo pregò tanto che decise di lasciarlo libero.
Si avvicinava l’ora in cui si dovevano sposare, e il fratello minore, armato di sciabola, si nascose sotto il letto degli sposi. Furono celebrate le nozze, e dopo la festa e il pranzo gli sposi si ritirarono nella loro stanza e si misero a letto.
Quando fu la mezzanotte si aprì la porta ed entrò una bestia con sette teste, per divorarli.
Il giovane nascosto sotto il letto, che si era tenuto pronto, con la sua sciabola gli tagliò una a una tutte le sette teste e l’ammazzò.
Al frastuono del combattimento lo sposo si svegliò e cominciò a gridare.
Allora il fratello, che aveva ammazzato quel brutto serpente, per non spaventarli trascinò la bestia lontano da loro, nella cucina.
Lo sposo, che non sapeva cosa pensare di tutto quel frastuono, vedendo il fratello minore con la sciabola in mano, gli disse: “Che stai facendo tu, con questa sciabola? Forse sei venuto nella notte per uccidermi? Sarai ghigliottinato, meriti la morte! Sei sempre stato tu, tu mi hai ammazzato il cavallo, tu mi hai spezzato la spada, tu mi hai ammazzato l’aquila, dopo avermeli portati di tua volontà… e ora volevi ammazzare anche me? Fratello snaturato!”
Il povero fratello non poteva difendersi e uscì tutto avvilito.
La mattina dopo il re ordinò di alzare la ghigliottina per suo fratello, che nella notte aveva tentato di ammazzarlo.
Nella piazza si era riunita una gran de folla di curiosi, che aspettavano di vedere come l’ammazzavano.
E il povero giovane venne portato come un galeotto, scortato da tante guardie armate.
Anche il re volle assistere allo spettacolo.
Quando il disgraziato fu sulla ghigliottina, si rivolse al re e disse: “Una grazia, Maestà: prima di andare alla morte, ti voglio dire due parole”
“Parla, parla!” gli disse il re, “sentiamo che vuoi dire.”
E l’altro cominciò: “Quando andavo a cercare la tua sposa, la trovai prigioniera della draga, e feci in modo di prendergliela,” e così, di cosa in cosa, gli raccontò tutta la storia, senza dimenticare gli incantesimi della draga.
Però, mentre parlava, le sue carni a pezzo a pezzo si trasformavano in marmo. Arrivato a un certo punto, non potè più continuare, e quando suo fratello lo fece tirare giù dalla ghigliottina era ormai era diventato tutto di marmo.
Il fratello se lo fece portare a casa piangendo, e pentito lo mise in un armadio, e ogni giorno gli accendeva le candele e l’adorava, come un santo.
Passò così un anno, la regina rimase incinta e fece due figlioletti maschi in un solo parto.
Un paio di giorni dopo il re volle andare a cavallo per la campagna, ma sbagliò strada e finì in un bosco.
Si stava facendo scuro, quando sentì cantare sugli alberi: “Currucutucù, currucutucù, currucutucù! Non sai, marito mio, che nostra figlia ha partorito? Ora sarebbe facile, il fratello di marmo ridiventerebbe un essere umano… Basterebbe uccidere i due bambini e col loro sangue ungere la statua, e allora lui tornerebbe in vita… Se poi ci fosse un cacciatore, che uccidesse te e me, e prendesse i nostri fegatini, per poi friggerli nell’olio, e con questo olio ungesse i due figlioletti, anche loro da morti tornerebbero in vita.”
Il re, che era sotto a un albero, sentendo parlare guardò per vedere chi c’era, così guardando e guardando vide i due colombi.
Aveva la doppietta e sparò, il primo colpo al maschio e il secondo alla femmina.
Caddero a terra tutti e due, e pensando alle parole che aveva sentito, il re aprì i loro corpi, prese i fegatini, e li avvolse in una foglia.
Mentre quella stessa notte tornava a casa, passò da un paese e vide che c’era una grande fiera. Si informò sulla festa e continuò per la sua strada.
Quando arrivò a casa, disse a sua moglie: “Sai mia cara sposa che c’è di nuovo? Sono passata da un paese qua vicino, vicino come da Palmi a Siminara, e ho visto che c’era una bella festa: se ti volessi divertire un po’ , potresti andarci insieme alla tua cameriera. Così fai una passeggiata e ti distrai un po’.”
“E i bambini?” chiese lei, “a chi li lascio?”
“Non preoccuparti per i bambini, ci penso io a loro,” le rispose il marito.
La moglie non voleva lasciare le sue creaturine, ma suo marito tanto disse che la convinse, e alla fine andò alla festa con la cameriera. Allora il re prese i suoi due bambini dalla culla e si chiuse nella camera della statua.
Con mano tremante tagliò il collo ai due piccini, e col sangue cominciò a bagnare suo fratello.
Mano a mano che la bagnava, la statua si animava e a poco a poco il fratello tornava in vita.
Quando aprì gli occhi e si vide davanti a suo fratello, non ricordando più nulla disse: “Da quanto tempo dormo?”
Si sentiva ancora debole, e si dovette sedere su una sedia.
Intanto il re svelto svelto frisse i fegatini nell’olio, e con l’olio unse i suoi bambini che a poco a poco ritornarono in vita, più sani di prima.
Li rimise al loro posto nella culla, e aspettò il ritorno della sua sposa.
Questa intanto era arrivata alla fiera, e mentre suo marito faceva queste cose, si sentiva come se la sciogliessero, vide la fiera e si divertì, più contenta di prima, e poi con la cameriera se ne tornò a casa.
Il primo che incontrò fu il cognato: “Come! sei sano e salvo?” e, senza aspettare la risposta, gli buttò le braccia al collo.
Intanto arrivò suo marito, che le raccontò tutta la storia, ed era felice di ritrovare un fratello così caro, che si era sacrificato per lui.
A mezzogiorno, poi, fecero un bel pranzo, solo fra loro, perché non volevano estranei, e si misero a tavola, felici e contenti.
Per loro la campana, quel giorno, suonava a festa, e ora sta suonando per noi, finiamo la favola e andiamo a mangiare quel che c’è.
- Fiaberella