Ortodosio Simeoni
Dunque, signore, sappiate che c’era una volta un mercante di nome Ortodosio Simeoni, che era un nobile fiorentino, il quale aveva una donna di nome Isabella, bella, gentile, pia e religiosa.
Un giorno Ortodosio prese congedo dai parenti e, lasciata, non con dispiacere, la moglie a casa, partì da Firenze, diretto nelle Fiandre per certi commerci.
Sfortunatamente egli prese alloggio proprio di fronte alla casa d’una cortigiana di nome Argentina; presto s’innamorò di lei e dimenticò la moglie.
Erano trascorsi cinque anni senza che Isabella avesse avuto notizie di suo marito, e siccome ne sentiva un’acutissima nostalgia, ogni ora che passava senza di lui, ella si sentiva straziare il cuore.
La miserella, essendo religiosa e dedita al culto divino, per sua divozione andava tutti i giorni alla chiesa dell’Annunciata di Firenze, dove si prostrava in ginocchio, piangendo calde lacrime e sospiri, pregando il Signore affinché le riportasse presto a casa il suo amato marito.
Ma nonostante le preghiere, i digiuni e i fioretti che faceva, il suo desiderio non si avverava, così un giorno, delusa, decise di cambiare sistema, e, come in passato era stata una devota cristiana, poco a poco si diede anima e corpo alla magia e agli incantesimi, con la speranza di essere finalmente accontentata.
Così una mattina andò a chiedere aiuto a Gabrina Furetta, alla quale spiegò le sue pene.
Gabrina era una vecchia attempata ed esperta di arti magiche, e faceva cose talmente incredibili, che lasciava a bocca aperta per lo stupore. Sentendo il desiderio d’Isabella, si mosse a pietà e promise di aiutarla; confortò la povera donna e la incoraggiò a stare su di morale, perché presto avrebbe riabbracciato suo marito.
Isabella, tutta contenta, spalancò la bocca e le diede dieci fiorini.
Gabrina, soddisfatta per il pagamento, cominciò a elaborare un piano, aspettando la notte.
Venuta l’ora destinata dalla maga, ella prese il suo libretto, e fece in terra un cerchio non molto grande, dove scrisse certi segni e caratteri; poi prese un certo liquore delicato, ne bevve una goccia, e lo stesso fece con Isabella, e poi le disse: “Isabella, tu sai che noi siamo qui per ottenere notizie di tuo marito, però tu dovrai essere forte e non spaventarti. Ti raccomando anche di non invocare Iddio, né i santi, né di farti il segno di croce, perché non potresti più tornare indietro e saresti in pericolo di morte.”
Isabella rispose: “Non dubitate di me, Gabrina; e state sicura che non avrei paura di tutti i demoni della terra.”
“Spogliati adunque,” disse la maga, “ed entra nel cerchio.” Isabella si spogliò ed entrò dunque nel cerchio; Gabrina, aperto il libro ed entrata ella stessa nel cerchio, disse: “Per la potente virtù che posseggo, principi infernali, vi scongiuro di venire subito qui dinanzi a me.”
Astaroth, Farfarello e gli altri principi diavoli, sentendo l’invocazione di Gabrina, con grandissime strida si presentarono e dissero: “Comanda ciò che ti piace.”
Gabrina disse: “Io vi scongiuro e comando che senza indugio mi palesate dove si trova Ortodosio Simeoni, marito d’Isabella, e se egli è vivo o morto.”
“Sappi, Gabrina,” disse Astaroth, “che Ortodosio vive nella Fiandra, dove si è focosamente invaghito di Argentina, e per questo ha dimenticato sua moglie.”
A questa notizia, la maga comandò a Farfarello di trasformarsi in un cavallo, e di condurre subito Isabella dal marito.
Così facendo, il demonio, tramutatosi in cavallo, prese Isabella e alzatosi in volo, e in quattro e quattr’otto la condusse da Argentina, senza che ella temesse nulla, poi trasformò subito Isabella in Argentina, la quale fu irriconoscibile; subito dopo trasformò Argentina in donna attempata, e fece modo che ella non potesse più vedere nessuno, né essere più vista.
Venuta l’ora di cena, Isabella, nei panni di Argentina, cenò col suo Ortodosio: finita la cena i due andarono in una ricca camera, dove c’era un morbido letto, sul quale si coricarono.
Così Ortodosio, credendo di dormire con Argentina, dormì invece con sua moglie. Tra i due ci furono così tante tenerezze e coccole appassionate, che quella notte Isabella restò incinta.
Il demone Farfarello prese di soppiatto una veste trapuntata e tutta ricamata di perle, e una bella collana che Ortodosio aveva regalato ad Argentina, poi la notte seguente, Farfarello restituì alle due donne le loro vere sembianze, poi prese in groppa Isabella, e allo spuntar del sole, la riportò da Gabrina, alla quale portò la veste e la collana.
La maga li diede ad Isabella, e le disse: “Figliuola mia, conserva con cura queste cose, perché ti torneranno utili a tempo debito.” Isabella prese i doni, ringraziò la maga, e tornò a casa.
Ad Isabella, passato il quarto mese, incominciò crescere il ventre e a portare i segni della gravidanza.
Alla vista del pancione, i suoi parenti si meravigliarono molto, perché la ritenevano una donna religiosa e timorata.
Allora le chiesero più volte cosa le fosse successo, e lei, felice, rispondeva di essere incinta del suo Ortodosio; ma i parenti non le credettero, e affermarono che diceva il falso, perché risultava loro che il marito l’avesse lasciata da tanti anni, ragion per cui il bambino non poteva essere suo.
Allora cominciarono a temere di essere tutti disonorati, così cominciarono a pensare di farla morire. Temendo però l’ira divina e le chiacchiere della gente, decisero di aspettare la nascita del bambino.
Quando fu il momento del parto, Isabella diede alla luce un bellissimo bimbo, con grande dispiacere dei cattivi parenti, i quali scrissero allora ad Ortodosio:
«Non per importunarvi, carissimo cognato, ma per dimostrarvi il vero, noi vi avvisiamo che vostra moglie e nostra sorella Isabella ha disonorato la famiglia, partorendo un figlio, di cui ignoriamo il padre, sicuri che non possiate essere voi, perché mancate da casa da troppo tempo. Se non fosse stato per il timore di Dio, avremmo già tolto la vita con le nostre mani alla disgraziata e al bambino, ma siamo consci del fatto che Dio non tollererebbe. A questo punto vi consigliamo fortemente di prendere provvedimenti, per salvare il vostro onore, e non lasciate che questa colpa rimanga impunita».
Quando Ortodosio lesse la lettera e apprese la triste notizia, si rammaricò enormemente, e chiamata Argentina, le disse: “Argentina, devo tornare subito a Firenze, dove devo risolvere una situazione molto grave; quando l’avrò sistemata, potrò tornare da te. Nel frattempo, abbi cura di te e dei miei averi, e vivi allegra, ricordandoti di me.”
Lasciate quindi le Fiandre, Ortodosio partì per Firenze, e, giunto a casa, fu ricevuto a braccia aperte dalla moglie.
Ortodosio ebbe più volte il diabolico pensiero di uccidere Isabella e di ritornare in tutta fretta dall’amante, ma considerando il pericolo e il disonore, prese tempo per vedere il da farsi.
Mandò ai cognati la notizia del suo ritorno, e li pregò di venire a casa sua il giorno dopo per pranzare insieme.
I cognati accettarono l’invito e andarono, e furono ben accolti, poi pranzarono tutti insieme allegramente.
Finito il pranzo e sparecchiata la tavola, Ortodosio cominciò a dire: “Cari cognati, penso che sappiate il motivo per cui vi ho radunati tutti qui oggi, e non è un mistero che io sia solitamente loquace e chiacchiero, però oggi sarò breve e vengo subito ai fatti.”
Alché si rivolse alla moglie, con queste dure parole: “Allora, Isabella, si può sapere con chi hai concepito questo tuo figlio?”
E Isabella rispose: “Ma con voi, marito mio.”
“Con me? E com’è possibile?” disse Ortodosio “se sono lontano da casa da cinque anni, e da allora non ci siamo più visti! Come fai a dire di averlo concepito con me?”
“E io vi dico che il bambino è vostro, e l’abbiamo concepito proprio in Fiandra.”
Allora Ortodosio, pieno d’ira, disse: “Ah, bugiarda d’una femmina, sei proprio senza vergogna! Quando mai tu sei stata in Fiandra?”
“Quando quella sera dormii nel letto con voi” rispose Isabella.
E cominciando dal principio raccontò per filo e per segno quello che era successo quella notte tra loro.
Il marito e i parenti furono increduli, anche se cominciavano a sospettare che forse si erano sbagliati nel giudicarla, e Isabella, vedendo la dura ostinazione del marito, per cercare di convincerlo che non mentiva, andò in camera e prese la veste e la collana, che mostrò al marito, dicendo: “La riconoscete questa veste?” Ortodosio, quasi smarrito e fuor di sé rispose: “Ammetto che tempo fa mi venne a mancare una veste del tutto simile a quella che mi state adesso mostrando.”
“Sappiate dunque,” disse Isabella, “che questa è proprio la vostra veste.”
Poi mostrò al marito la ricca collana e disse: “Riconoscete questa collana?”
Ortodosio non poté negare l’evidenza e ammise di riconoscere anche la collana.
“Per dimostrarvi la mia totale fedeltà, marito mio, vi dimostrerò ora che non avete motivo di dubitare di me.”
E fatto venire il bimbo, che la balia portava nelle braccia, lo fecero spogliare e disse: “Ortodosio, riconoscete questo bambino?” e così dicendo, gli fece vedere il piede sinistro del piccolo, al quale mancava il ditino mignolo, esattamente come a Ortodosio stesso.
Allora egli capì che il bambino era inequivocabilmente figlio suo, perciò prese tra le braccia il piccolo, lo baciò, e lo accettò come figlio.
Allora Isabella prese coraggio e proseguì a raccontare: “Sappiate, Ortodosio amore mio, che i digiuni, le orazioni e gli altri voti ch’io feci al Signore nella speranza di avere vostre notizie, mi hanno fatto ottenere quello che ora sentirete. Io, stando una mattina nel sacro tempio dell’Annunciata in genocchio, pregandola di avere vostre notizie, fui finalmente accontentata: infatti un angelo mi scortò fino in Fiandra, e mi mise nel vostro letto quella sera, e dal grande amore che ci unisce, è nato questo bambino. Il giorno dopo, come ero stata portata da voi, mi ritrovai di nuovo qui a casa.”
Ortodosio e i fratelli, sollevati dall’aver appreso la verità dalla bocca di Isabella, si rallegrarono tutti, si abbracciarono e si baciarono, e furono più uniti e felici di prima.
Dopo alcuni giorni, Ortodosio ritornò in Fiandra, dove fece sposare Argentina con un uomo valoroso, e, caricate le sue merci su una grossa nave, ritornò a Firenze, dove visse con sua moglie e suo figlio a lungo, felice e contento.
- Fiaberella