Pollicino

Moltissimo tempo fa, quando si filava ancora la lana, nelle campagne vivevano due poveri contadini, marito e moglie.

Sebbene fossero molto poveri, desideravano moltissimo d’avere un figlio.

“Pensa, moglie mia” – sospirava l’uomo – “come la casa sarebbe più allegra se ci tenesse compagnia vicino al fuoco un bel bambino!”

“Ahimè! Marito mio” – rispose la moglie fermando il suo arcolaio “anche io ne sarei molto felice. Anche se fosse molto piccolo, guarda, non più grande del mio pollice, l’accoglierei con gioia”.

Qualche mese dopo, con loro grande felicità, nacque un figlio.

Era ben fatto ed aveva una bella voce, ma di taglia piccolissima, non più grande dell’unghia di suo padre.

Il ragazzo non divenne mai grande.

Aveva un’intelligenza viva, era anche molto abile, riusciva in tutto quello che si attingeva a fare.

I suoi genitori, anche se in un primo tempo si erano preoccupati, si erano presto adattati alla sua piccola statura e lo avevano soprannominato con affetto Pollicino.

Vegliavano su questo piccolo uomo che avevano tanto desiderato, affinché non gli mancasse nulla.

Un giorno suo padre, mentre si apprestava a partire per abbattere alcuni alberi, sospirò:

“Se avessi almeno qualcuno che mi aiutasse a condurre la carretta!”

“Papà!” – gridò Pollicino – “lasciatemi guidare la carretta da solo. Vi raggiungerò nella radura e voi intanto guadagnerete tempo”.

“Ma tu sei piccolo!” – esclamò il padre sorridendo – “Come potrai guidare il cavallo e prendere le redini?”

“Ho un’idea” – gridò il piccolo uomo – “la mamma attaccherà il cavallo, poi mi isserà fino all’altezza della testa ed io scivolerò all’interno del suo orecchio. Il cavallo mi conosce bene e non avrà certamente paura, così io lo guiderò al luogo dove avrai tagliato la legna”.

Il padre diede infine il suo consenso, la madre attaccò il cavallo.

Il ragazzo lo guidò come un vero carrettiere, fermandosi saggiamente agli incroci.

Quando fu in vista della radura incrociò due stranieri che chiacchieravano.

Poiché udirono una voce essi si voltarono.

“Hoo! Hoo! Là! Là! Stiamo per arrivare mio bravo Zeffiro” – gridò in quel momento Pollicino ben nascosto nel suo strano nascondiglio.

“Sangue di Bacco! Sto sognando!” – disse uno dei due – “una carretta che se ne va da sola: si sente la voce del guidatore e non si vede nessunoSeguiamola, non c’è dubbio che si tratta di qualche stregoneria”.

Il pesante veicolo si fermò di colpo davanti alla catasta di legna.

Davanti agli occhi dei due curiosi il contadino s’avvicinò al cavallo e gli tolse dall’orecchio il minuscolo omino che, tutto vispo, venne a sedersi su un fuscello di paglia a qualche metro dai due uomini.

Nel vedere questo personaggio in miniatura così audace e pieno di risorse, i due uomini ne rimasero colpiti.

Alla fine uno dei due s’avvicinò al contadino e gli disse: “brav’uomo, vendeteci vostro figlio. Gli faremo guadagnare una fortuna facendolo vedere nelle fiere dei grandi villaggi.”

“Vendere il mio caro figlioletto? Non se ne parla nemmeno.” – rispose indignato il contadino.

Ma Pollicino, approfittando della distrazione dei due compari, occupati a contare i loro scudi, gli sussurrò: “papà, accetta il denaro di questi due furfanti che vogliono sfruttarmi, io scapperò prestissimo, te lo prometto”.

Il brav’uomo, con il cuore un po’ grosso, lo vendette quindi per due bei scudi d’oro.

Rapidamente saltò sulla falda del vestito di uno dei due compari, s’arrampicò sulla sua spalla e infine s’installò sul bordo del suo cappello.

Camminarono così tutta la giornata e allorquando arrivarono al bordo di un campo appena mietuto, Pollicino all’improvviso gridò: “lasciatemi scendere a terra, vedo laggiù un coniglio selvatico preso al laccio, con il quale potremo fare un buon pranzo. Ve lo mostrerò.” 

Allettato e senza alcun sospetto, l’uomo lo posò in terra.

Agile come un’anguilla, Pollicino si infilò nel buco di un topo campagnolo gridando: “buona sera signori e buon viaggio, ma senza di me.”

Furiosi i due uomini se ne partirono imprecando.

Pollicino decise di attendere l’alba al riparo di un guscio vuoto di lumaca.

Dormiva profondamente quando un brusio di voci lo svegliò.

Due ladri si erano fermati a due passi da lui.

Uno di loro diceva: “come potremo rubare a questo ricco prete?”

“Vi dirò io come fare” – gridò molto forte Pollicino – “portatemi con voi e io vi aiuterò. Abbassate gli occhi, sono qui vicino”.

“Come, sei tu, piccolo diavoletto, che pretendi d’aiutarci?” – dissero i due ladroni scoppiando a ridere.

“Io scivolo con facilità tra le sbarre della camera del prete” – spiegò Pollicino – “poi, una volta entrato, vi passo tutto quello che volete”.

“Tu non sei uno stupido” – disse uno dei due uomini collocandolo sulla sua spalla – “che la fortuna ci assista, ma affrettiamoci perché si sta alzando la luna”.

Arrivati al presbiterio, Pollicino vi entrò e si mise a gridare: “volete tutti i luigi d’oro e i lingotti d’argento?”

Stupiti i ladri lo supplicarono immediatamente di parlare a voce bassa, perché un tal chiasso rischiava di svegliare il prete.

Ma Pollicino fece orecchie da mercante ai consigli dei due banditi e gridò a gran voce: “decidetevi perdiana! I quadri e l’argenteria vi interessano o no?”

La cuoca che aveva il sonno leggero, udendo quel beccano, scese dal letto, accese la candela alle braci del focolare e si precipitò in direzione dell’ufficio.

Quando entrò nella stanza la trovò vuota.

I ladri, spaventati, erano fuggiti da sotto la finestra, mentre Pollicino, tutto tranquillo, si era rifugiato in una mangiatoia del granaio vicino.

La brava donna, rassicurata, tornò a dormire.

Al mattino, all’alba, la serva incaricata di dar da mangiare alle bestie s’impossessò di una bracciata di fieno per nutrire le mucche.

Quella che aveva il vitellino ad allattare si gettò avidamente sulla mangiatoia e, hop!

Pollicino, svegliatosi, fu precipitato fino in fondo allo stomaco nauseabondo del ruminante che ingurgitava grosse quantità di fieno.

“Basta fieno, basta erba! Soffoco!” – gridò

Presa da gran spavento nel sentire la mucca parlare, la povera serva cadde riversa chiamando il prete al soccorso.

“Miio braavo papa..drone, la la.. nos…tra mu..mu…mmucca paarla que..que..sta mamaa..ttina!” – balbettò la brava donna.

“Vediamo, figlia mia, voi sognate!” – gridò stupito il prete alzando la sottana nella stalla tutta sporca.

Ma la voce risuonò di nuovo. Il prete si fece subito il segno della croce.

“E’ senza dubbio una manovra del diavolo”.

Cosparse abbondantemente d’acqua santa la stalla, la mucca e la serva.

Dopodiché (non si è mai troppo prudenti) decise di far abbattere l’animale perché continuava ostinatamente a gridare. Effettivamente Pollicino aveva paura di morire soffocato.

La povera mucca fu dunque sacrificata e il suo stomaco fu gettato in un mucchio di detriti.

Pollicino soffrì molto ad uscire da quel ventre maleodorante. Finalmente respirò il suo primo sbuffo d’aria fresca, sennonché un lupo affamato inghiottì lo stomaco della mucca ed il suo contenuto.

Ecco di nuovo il nostro sfortunato piccolo uomo in un nuovo nascondiglio poco confortevole ed inoltre tutto buio.

Egli quindi mormorò: “caro lupo, nell’ultima casa del villaggio c’è una dispensa ben fornita. Quando arriva la notte entra dentro dal tubo di scarico, potrai così riempirti la pancia a sazietà”.

“Questo lungo digiuno” – borbottò tra se il lupo – “mi dà allucinazioni, infatti sento alcune voci… bah! Il consiglio non è poi così cattivo, seguiamolo”.

Lo seguì così bene che quando volle andarsene il suo ventre troppo pieno gli impedì di passare attraverso il tubo.

Era rimasto in trappola.

Pollicino si mise subito a gridare, mettendo in subbuglio la casa: “caro papà, ammazzate questo lupo che mi tiene prigioniero nella sua pancia!”

Così avvenne e Pollicino ritrovò i suoi genitori felici di rivederlo.

- Fiaberella
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